Olio su tela Cm. 100 X 70
Anno 2009 Roberto Rossi
Dipinto che enfatizza l’importanza dell’albero. Per qualcuno una banalità, per qualcun’ altro un valore ed un bene essenziale, ma anche dell’acqua, e della montagna come cultura ambientale e mentale.
Nella filosofia e nella mitologia antica, in diverse culture umane lontane tra loro nel tempo e nello spazio, l’albero è stato
ritenuto portatore di positività sotto diverse formRoberto Rossie. Al di là ed oltre al suo significato spirituale o
filosofico, esso ha una grande importanza fisica nella vita stessa dell’uomo. L’Albero, è un magnifico laboratorio di vita, un essere vegetale vivente capace di dare ristoro fisico, spirituale,
ma anche di una utilità estrema. E’ un simbolo di unione tra terra e cielo. Le sue radici affondano nella terra, nella Madre Terra...
IPAZIA
Un disegno eseguito a matita con poco colore. Essenziale nella stesura per determinare la figura di Ipazia. Donna vissuta nel V secolo dopo Cristo, ad Alessandria d'Egitto, studiosa di matematica, filosofia, astronomia, sostenitrice del pensiero libero da dogmi e altri condizionamenti mentali. Per lei erano importanti la cultura e l'insegnamento e per questo, non era ben vista dal vescovo cristiano Cirillo ,che in preda a una forte invidia, decise di liberarsi di lei, ordinandone la morte atroce a opera di un gruppo di cristiani fanatici. Fu aggredita, denudata, dilaniata, trascinata per la città e poi bruciata. Il vescovo ordinò che scomparisse tutto ciò che rappresentava quella donna, quindi fece distruggere la sua scuola e cercò di distruggere le sue opere. Il disegno è focalizzato sul suo nome che, in verticale raffigura lei, avvolto da fogli svolazzanti che simboleggiano l'insegnamento; il nome a terra profilato di rosso, è il suo corpo martoriato da fanatismo religioso e l'odio contro la donna intelligente e studiosa. Ipazia, fu la prima martire pagana, per odio di genere.
Un odio che arriva fino ai giorni nostri, come se, il mondo maschile nei riguardi della donna o almeno una parte di esso, fosse rimasto fermo nel tempo.
Ipazia, diventa simbolo di libertà, di indipendenza, di dignità ; torturata e uccisa solo perché donna
Roberto Rossi
Pittore, poeta, scrittore.
IPAZIA
Una di noi???????
Raramente al cospetto di un dipinto corrisponde una immediata risposta emotiva, invece l’immagine creata dall’artista e amico Roberto Rossi, evidentemente per
la sua innata comunicabilità, ha catalizzato subito la mia attenzione; una profonda, improvvisa tristezza nell’osservare quelle macchie rosse, simili a petali di rose sulle lettere a caratteri
cubitali adagiate sul piano. Ho immediatamente identificato il sapere alla donna, la prevaricazione al martirio, l’ignoranza, vista come non conoscenza, alla morte. Quei fogli in preda al vento,
saturi di pensiero, si avvolgono attorno al suo nome e s’involano verso l’immensità del cielo, verso il tutto, il quid immaginario che accomuna e rende finalmente liberi, non senza essere
passati attraverso un processo di purificazione lavato nel sangue della sua stessa vittima. Nei tempi di imperante androcrazia, in cui è vissuta la nostra Ipazia, la conoscenza non poteva essere
femmina (di donna, non esisteva neanche il concetto), ma era prerogativa della cerchia maschile di pochi privilegiati. Nell’esistente pensiero di una misoginia classista, dominante in tutti gli
strati sociali è evidente come l’autoritarismo portasse la donna a essere considerata inferiore socialmente e culturalmente, senza possibilità di riscatto. La donna che non sa, non chiede e
non ha pretese , non ha il pieno concetto di sé e si identifica con la parte maschile per sopravvivere; ha bisogno di sostegno, non è autonoma nel pensiero e quindi non in grado di agire.
Il paternalismo storico ci insegna come l’accentramento del sapere significhi anche avere in mano il potere e quindi governare, il tutto in evidente contrasto con i diritti della democrazia in
cui tutti, senza distinzione di sesso, sono chiamati a partecipare alla vita sociale e politica. Eppure ci sono state donne capaci di far sentire la propria voce e rivendicare il proprio diritto
a esistere, fin da tempi antichissimi. Ipazia ne è l’emblema, non solo per la caratura intellettuale, inusuale per quei tempi, ma soprattutto perché donna non maritata, libera e indipendente, che
aveva il pieno controllo della sua vita. Un affronto, forse tanta ostinata sicurezza e forza interiore per i tempi che l’hanno vista dea e martire al contempo?
Di quante Ipazia è lastricato il percorso storico prima che si arrivasse allo stato attuale di cose? Ma soprattutto mi chiedo se oggi esistono donne in grado di
ritagliarsi, nella attuale società un posto di predominante importanza come era stata capace di fare lei?
Di fronte all’alienazione dell’essere, più che dell’apparire, è il l’immagine della femmina che domina sulla donna, mentre la femminilità, vista come armonia
di concetto che riporta ad essa, latita nella maggioranza dei casi .Se deviassimo le attenzioni dagli stereotipi imposti dalle moderne culture, in cui il femminismo non è stato altro, che
la rivendicazione di una libertà legata più al concetto di fisicità che a quello intellettuale forse non continueremmo ad uccidere ogni giorno la conoscenza. Perché Ipazia non ha una collocazione
spazio/temporale ma è sempre esistita , e ad ogni sua morte corrisponde una rinascita. Nell’ucciderla l’hanno consegnata alla storia e resa immortale come allo stesso modo il sapere innalza il
decadimento della carne rimandandoci ai posteri.
La conoscenza innalza l’individuo rendendolo partecipe della sua naturale essenza.
Testo di
Maria Teresa Infante
Poetessa/scrittrice.