NO COMMENT !!!!!!!

 

 

 

il giudizio è lasciato ai lettori

 

Nosheen non voleva sentirsi una schiava

La rabbia delle amiche: «Diceva: mi sposo solo per amore»

INVIATO A NOVI (Modena)

Gli occhi di Nosheen sono l’unica cosa che potevi vedere quando andava a scuola salendo le scale con la testa china nella sua veste lunga e il velo bianco sul volto, e sono l’unica cosa che hanno visto domenica pomeriggio quelli come Raif, che sono accorsi in questo straccio d’orto, guardandola stesa sulla terra dove suo padre Khan Butt Ahmad aveva seminato le patate, vicino alla tettoia di lamiera, con il braccio maciullato appena sollevato per chiedere aiuto e la testa coperta dal sangue che si spargeva. «Ma aveva gli occhi vivi», ha detto Raif, occhi di ragazza, neri, dolci e spauriti. E anche sua madre, Begam Shanhaz, riversa un poco più in là, «dove c’è la bombola del gas», sotto le viti dell’uva, accanto alle scale poggiate di sbieco contro il muro di mattoni a vista, anche lei era viva: sarebbe morta dopo, mentre la portavano in ospedale.

Madre e figlia sono state massacrate inermi, ferocemente sprangate e lapidate dal padre e da Humair, il fratello più giovane di Nosheen, donne senza difesa e senza giustizia, senza nessuno che urlasse a questo raccapriccio neanche dopo, quando i vicini di casa, pachistani pure loro, accorsi alle grida e all’orrore di quella violenza, allontanavano i curiosi dicendo che «era una cosa che non li riguardava, che era una lite in famiglia», e neanche adesso, alla fine, perché non ci sono femministe, e non ci sono scandali, ma quasi rassegnazione, come quella del sindaco di Novi, Luisa Turci, che dice che «sì, qualche problema era stato evidenziato, ma certo nulla che potesse far presumere una cosa di questo genere».

La mamma era andata dai carabinieri due mesi fa perché il marito picchiava. Poi non aveva fatto denuncia. Il suo era stato un matrimonio combinato, come molti nel suo Paese, in Pakistan, e lei continuava a ripeterlo a sua figlia: «Non devi fare come me. Tu ti devi sposare per amore». Nosheen non è Hina e non è Sanah, ma come loro è vittima di un mondo affacciato alle nostre porte, dove la donna è costretta in schiavitù. Nosheen non è una ribelle. E’ musulmana praticante e aiuta la mamma «a preparare le feste religiose», come spiega una delle amiche pachistane, Nochen Lyas, raccontando che era Begam Shanhaz «che aveva il compito di organizzarle. Faceva il giro a chiamare le altre donne, a raccoglierle tutte per la preghiera, e Nosheen l’accompagnava sempre».  

 Una compagna di classe, Giulia, dice che «è una ragazza molto seria. Non avvicinava mai i ragazzi. Portava sempre il velo, anche quando veniva a scuola. Vestiva solo nel modo tradizionale pachistano». Non si confidava con nessuno, era molto chiusa e parlava soltanto con pochissime amiche, «ma una cosa la ripeteva a tutti», aggiunge Giulia, ed era «che lei si sarebbe sposata per amore». E’ stata massacrata per questo, per aver detto al padre che non voleva sposare il cugino che voleva lui, per aver difeso il solo ideale che unisce tutte le donne del mondo. L’unica sua amica italiana che riusciva a frequentare e che adesso la aspetta camminando nervosamente nei corridoi dell’ospedale di Modena - dove Nosheen lotta ancora contro la morte - confessa che «un amore ce l’aveva» ed era un ragazzo italiano. L’aveva conosciuto un giorno per caso e avevano girato un video, un piccolo filmato dove sorridevano appena. Ma Nosheen era troppo timida e ancora così ingenua perché quello non fosse altro che un piccolo, grande amore platonico.

Il fatto è che aveva «enorme rispetto per la famiglia» e «terrore del padre», racconta l’amica. Una volta che le stava facendo vedere il filmato con le immagini del suo amore nascosto, «a un certo punto ha spento tutto e buttato via di corsa il video solo perché credeva che fosse arrivato suo papà». Khan Butt Ahmad, 53 anni, da dieci in Italia, operaio saldatore in una ditta di Soliera, è un uomo magro, alto, «con uno sguardo e dei modi persino miti», come ricorda Sergio Pagani, il preside dell’Istituto Vallauri di Carpi dove Nosheen aveva frequentato fino al terzo anno con ottimi risultati: «Lui voleva che lei restasse a casa e non venisse più a studiare. Allora l’ho chiamato e quando l’ho incontrato sono riuscito a convincerlo. M’era sembrato un bravuomo».

Le ha fatto finire l’anno scolastico e poi però non l’ha più rimandata. Il problema non è essere buoni o cattivi, ma quello di un mondo che concepisce la donna come una schiava. Nosheen aveva sempre detto di sì al papà, perché così doveva fare. Il giorno che ha detto di no, che non voleva sposare il cugino imposto da lui, il giorno che l’ha urlato, lui ha cominciato a lapidarla, e quando la madre è intervenuta per difenderla l’ha massacrata a pietrate, mentre suo figlio prendeva a sprangate Nosheen, picchiandola in testa con violenza. Adesso Mohammed Arif e Raja e tutti i vicini di casa pachistani ripetono a tutti che «l’Islam non c’entra niente. E’ un brutto episodio, ma non metteteci di mezzo la religione. Non c’è scritto da nessuna parte che la figlia deve sposare chi vuole suo padre». Solo che Lashid, un ragazzino appoggiato al muro, dice che è brutto ma che è così. Se suo padre glielo imponesse, lui direbbe di «sì». Lo mormora a testa bassa, quasi sottovoce, come un amore che si nasconde e non si urla.

(tratto dal web-La Stampa))

 

 

 

 

 

Sicilia, il comune di Acireale spende 340mila euro per sopralluoghi a presepi viventi (chiusi), tombolate e grigliate

Il consiglio comunale ha considerato come “riunione delle commissioni consiliari” le più banali sortite tra i divertimenti di Paese: si va dalla visita all'agriturismo (per ammirare il "pavone e la sua ruota") al sopralluogo alla grande tavolata in occasione del carnevale estivo del capoluogo acese. Non manca il blitz al centro anziani e la capatina al presepe vivente. Che però era chiuso: nessun problema, è stato fatto riaprire per permettere ai consiglieri di assolvere al loro compito. E nell'isola il malcostume della gettonopoli dilaga

Missioni sotto il cocente sole di luglio per valutare se i cittadini gradissero o meno i carri in maschera del “più bel carnevale di Sicilia d’estate”; sopralluoghi a sorpresa nei presepi viventi, ormai chiusi dato che l’Epifania era già trascorsa e i Re Magi avevano svolto il loro compito; blitz improvvisati durante allegri balli serali nei centri per anziani. Sono solo alcuni degli obiettivi raggiunti dai consiglieri comunali di Acireale, amministratori erranti sempre pronti a vigilare sul divertimento dei concittadini. Solo che per ognuna di quelle missioni, i consiglieri venivano retribuiti con un gettone pari a 63,79 euro.

Ha contorni tragicomici l’ultima gettonopoli scoppiata in Sicilia: ad Acireale, infatti, il consiglio comunale ha considerato come “riunione delle commissioni consiliari” le più banali sortite tra i divertimenti di Paese. Si celebra un paradossale “carnevale estivo”? E i consiglieri della quinta commissione sono lì per “sondare dal vivo le reazioni del pubblico presente e valutare l’organizzazione”. Una missione talmente delicata che nei verbali ufficiali della seduta viene annotata “la grande ed affollata grigliata di barbecue di carne e di pesce, angolo culinario che unitamente alle botteghe artigianali dei dolci permette di allietare il palato con degustazioni di gelati, granite e prodotti tipici siciliani”. Poi dopo il carnevale estivo, arriva il periodo natalizio e il comune di Acireale si riempie di presepi.

Potevano i consiglieri assentarsi da una missione tra pastorelli e mangiatoie? Nossignore: ecco quindi che l’8 gennaio vanno in visita al presepe del convento di San Rocco. Peccato che sia ormai chiuso. “In via del tutto eccezionale la mostra è stata riaperta questa sera così da dare la possibilità alla commissione di poterla visionare” scrivono zelanti nel verbale della commissione. Ma non solo: perfino una visita ad un’azienda agricola diventa un motivo utile per radunare i consiglieri comunali. Il verbale di quella seduta è esilarante: “I componenti – si spiega nell’atto ufficiale – si soffermano soprattutto davanti la gabbia del pavone, uno tra i tanti, che fa la ruota e accenna qualche passo della caratteristica danza della sua specie”.

Alla fine tra tombolate cittadine, pavoni di campagna, balli nei centri per anziani, e sfilate di carnevale sotto il sole di luglio, il consiglio comunale di Acireale è costato alle casse municipali 342mila euro in un anno. Soltanto l’ultimo caso di Gettonopoli nei comuni siciliani, denunciato nelle scorse ore da Angela Foti, deputata regionale del Movimento Cinque Stelle. “Deve finire – dice la parlamentare M5S – l’abitudine di considerare le casse pubbliche come una sorta di bancomat”. Nei mesi scorsi erano finiti alla ribalta diversi consigli comunali siciliani dove le riunioni delle commissioni sono ormai diventate un escamotage per intascare il gettone di presenza. Come ad Agrigento, dove il consiglio si è riunito 1.113 volte in un anno, e cioè tre volte al giorno inclusi i festivi, o come a Siracusa, dove le commissioni sono costate alla fine 720mila euro in un anno.

E se per i consigli comunali agrigentini e siracusani si sono messe in moto le indagini della procura, ha fatto discutere anche il caso di Enna, dove il gettone era stato abbassato da 56 a 51 euro, ma le sedute sono aumentate di numero, portando la spesa finale a quota 360mila euro. Suscita polemiche anche il caso del consiglio comunale di Palermo, che costa cinque milioni e 200mila euro all’anno, un milione in più rispetto a quello di Milano, che però ha il triplo di abitanti. Nel frattempo l’Assemblea Regionale Siciliana ha iniziato il suo tour de force per approvare la finanziaria: tra le norme al vaglio dei deputati anche una legge per tagliare le gettonopoli dei comuni siciliani. Si tratta di una norma che cancella 1.482 poltrone di assessori e consiglieri comunali, tagliando nello stesso tempo 48 milioni di euro all’anno: manco a dirlo è una delle leggi che ha scatenato maggiori polemiche tra i deputati del parlamento siciliano.

India: bimba di 7 anni stuprata e uccisa durante un matrimonio

Rapita, violentata e sgozzata mentre partecipava ai festeggiamenti per il matrimonio di un parente: il corpo della bambina è stato ritrovato dopo due giorni sul tetto del resort.


Ennesimo orrore in India. Ancora una volta una bambina è stata brutalmente violentata e poi uccisa. In questo caso la vittima è una bambina di sette anni che è stata rapita, stuprata e sgozzata nello Stato indiano di Maharashtra. È accaduto mentre domenica scorsa la piccola partecipava alla festa di matrimonio di un parente. A riportare la notizia è stata la rete televisiva Ndtv. Da quanto ricostruito la vittima, una bambina affetta da disturbi visivi, aveva insistito per poter andare con il padre nel Kumar Resort di Lonavala dove era prevista la festa di nozze di una sua cugina più grande. A un certo punto durante il matrimonio la bambina si è allontanata per prendere del cibo e non è più tornata dal genitore. Il padre inizialmente non si è preoccupato per l’assenza della figlia, ma in serata ha denunciato la scomparsa alla polizia. Solo due giorni è stato ritrovato il corpo senza vita della bambina.

Il proprietario del resort è un ex parlamentare dello Stato di Maharashtra - La bambina si trovava sul tetto del resort, a scoprirlo è stato martedì pomeriggio un dipendente che doveva pulire le vasche collegate ai pannelli solari. L’uomo ha notato un tappeto arrotolato all'interno del quale c'era il cadavere seminudo, e con un taglio alla gola, della bambina. L'autopsia ha successivamente confermato la morte della piccola per sgozzamento e la presenza di violenze sessuali. La polizia ha registrato una denuncia per omicidio e ora sta cercando di risalire ai suoi responsabili. Intanto, quando si è diffusa la notizia di quanto accaduto nel resort, una folla di persone e di militanti politici locali hanno assaltato il centro e lo hanno danneggiato gravemente.


Baby squillo

I genitori non le davano soldi perché erano in difficoltà e per questo ha deciso di prostituirsi. E' uno degli aspetti della vicenda di baby prostituzione che ha visto coinvolta una 14enne di Genova. La ragazza avrebbe dunque deciso di agganciare clienti in chat e sui social network per ottenere "soldi e regali" a causa delle difficoltà economiche in cui gravava la famiglia.

I genitori saranno entrambi convocati in procura dove, sul tavolo del procuratore Vincenzo Scolastico, c'è un fascicolo con le dichiarazioni messe a verbale della ragazzina davanti alla squadra di pg della sezione reati contro i minori della procura di Genova.

Un fascicolo che reca impresso il reato di cui si parla ma che è ancora rubricato contro ignoti. 60 bis cp, chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore ai 18 anni, ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da 6 a 12 anni. Nel caso in cui il fatto sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto 16 anni si applica la pena della reclusione da due a cinque anni.

La genesi di questa indagine è sempre la stessa. E' la ragazza a raccontare all'amica del cuore che va con uomini di 30-40 anni contattati su internet per 300-500 euro a rapporto. Ma dice di non poterne più, di voler smettere. L'amica parla con una insegnante che a sua volta riferisce il fatto alle assistenti sociali. E così, si arriva all'indagine: la procura adesso tramite i contatti sul web e sul cellulare della ragazzina risalirà ai clienti, pare una decina, unici perseguibili in questa storia.

Anche a Ventimiglia si lavora per individuare i clienti delle due amiche di 14 e 15 anni che si prostituivano. La polizia sarà aiutata dalle agende delle due baby squillo. Lì le due, che si prostituivano spesso assieme per farsi coraggio, hanno segnato i nomi, i numeri di telefono dei clienti e quanto avevano ricevuto.

Intanto emerge che una delle due aveva rifiutato un cliente cinquantenne, che ha una figlia di 16 anni, che era pronto ad offrirle 500 euro. "Era brutto, le ho detto di no", ha raccontato. I genitori delle due ragazzine, una volta scoperta la doppia vita delle figlie sono disperati e sono assistiti da psicologi.

Afghanistan, la sposa bambina torturata dal marito diventa un simbolo dei diritti umani

di Monica Ricci Sargentini

Sahar Gul è una ragazzina afghana di 15 anni che ha quasi rischiato di essere uccisa dal marito perché non voleva prostituirsi. La scorsa settimana è arrivata in un ospedale di Kabul nelle condizioni che vedete nella foto qui sopra. Gli occhi talmente gonfi di botte da essere semi-chiusi, il collo tumefatto, un orecchio bruciato da un ferro da stiro, il corpo così debilitato da essere costretto su una sedia a rotelle, le mani ricoperte di croste nere al posto delle unghie strappate dai suoi torturatori. Sahar era stata data in sposa sette mesi fa al soldato Gulam Sakhi che, con la complicità della sua famiglia, ha reso la sua vita un inferno.  Quattro mesi fa la sposa-bambina era riuscita a fuggire ed aveva chiesto aiuto a dei vicini di casa: “Se siete dei musulmani dovete dire alle autorità quello che mi sta succedendo – aveva detto disperata -, vogliono farmi prostituire”. La polizia di Puli Khumri, la città nella provincia di Baghlan dove è avvenuto il fatto, è stata avvisata ma non ha fatto altro che restituire la povera ragazza alla famiglia torturatrice dietro la promessa che gli abusi non sarebbero più continuati. Invece, come da copione, è accaduto l’esatto contrario. Sahar è stata chiusa in un seminterrato dove è stata picchiata e affamata per altri tre mesi finché un parente lontano arrivato a far visita non ha fatto scoppiare lo scandalo. Ma anche allora le autorità  hanno cercato di trovare un accordo con il marito per evitare che la vicenda finisse sulla stampa. Un comportamento che, purtroppo, non è una novità in Afghanistan dove, come avevamo già raccontato in questo post,  secondo un rapporto delle Nazioni Unite, le donne  sono trattate come bestiame. E chi si rivolge alla polizia spesso subisce ulteriori abusi, tra cui lo stupro e le molestie, prima di essere riconsegnata alla famiglia e dimenticata.

Questa volta però il volto gonfio di botte della piccola coraggiosa Sahar Gul ha fatto il giro del mondo destando condanna o orrore unanime. Tanto che il presidente afghano Hamid Karzai ha ordinato una commissione d’inchiesta  e il ministro della Sanità è corso in ospedale per portare la sua solidarietà alla giovane.  Il marito torturatore è ora ricercato e il resto della famiglia è agli arresti. Le orribili immagini di Sahar sono, dunque, servite a rendere visibile il tragico destino delle donne nel nuovo Afghanistan, dieci anni dopo la caduta dei Talebani. “Rompiamo il silenzio mortale sullo stato delle donne” titolava qualche giorno fa l’Afghanistan Times. Nonostante la recente ‘approvazione di una legge che per la prima volta punisce la violenza domestica  le tradizioni più bieche sono dure a morire e Kabul è al sesto posto nella classifica dei Paesi in cui le diseguaglianze tra i generi sono più accentuate.  Ma forse qualcosa si sta muovendo. Soltanto qualche anno fa un caso come quello di Sahar non sarebbe venuto alla luce. Ne è convinta Fawzia Kofi, deputata e capo della commissione parlamentare sulle questioni delle donne: “Penso che ora ci sia un maggiore senso di consapevolezza dei diritti delle donne – ha detto all’Associated Press -. La gente sembra voler cambiare e parla di questi temi”. Ma fermare gli abusi è una sfida  grandissima in una società patriarcale dove l’altra metà del cielo viene considerata ancora merce di scambio e il delitto d’onore è una prassi consolidata.  E le associazioni dei diritti umani temono che anche i piccoli progressi fatti sin qui possano sparire con il ritiro delle truppe internazionali. “Se i Talebani torneranno nella società tutto questo non ci sarà più” dice all’Ap l’attivista Sima Natiq.

Noi tifiamo per Sahar Gul e per tutte le ragazzine come lei che hanno subito abusi pesantissimi. Il ministero della Sanità ha fatto sapere che la giovane “si sta riprendendo fisicamente ma siamo molto preoccupati – ha aggiunto – per le sue condizioni mentali perché è stata torturata per un periodo molto lungo”. Speriamo che il suo caso spinga il governo a intervenire più prontamente in futuro.

Aroona Reejhsinghani è una delle più celebri scrittrici indiane
Aroona Reejhsinghani è una delle più celebri scrittrici indiane

India, il branco violenta due ragazze e le uccide
Arrestate sette persone, tra cui due agenti

Due cugine adolescenti indiane “dalit”, ovvero senza casta”, di 14 e 15 anni sono state violentate nelle ultime ore da una banda di balordi in un villaggio dell’Uttar Pradesh (India nord-orientale) e poi impiccate ad un albero di mango. I media indiani riferiscono che sono state arrestate sette persone, fra cui due agenti, Sarvesh Yadav e Rakshapal Yadav. In particolare, l’attacco è avvenuto nel villaggio di Katra e che le due ragazzine vivevano nella stessa casa da cui sono misteriosamente scomparse ieri sera. Gli abitanti del villaggio hanno subito avviato le ricerche ma sono arrivati troppo tardi, in tempo solo per scoprire i cadaveri che pendevano da un mango nell’area di Ushait. Una rapida indagine, aperta dalla polizia su pressione della popolazione, ha permesso di ricostruire la vicenda, confermando il rapimento e lo stupro collettivo.

 

Aroona Reejhsinghani è una delle più celebri scrittrici indiane:

Cosa prova come donna, e come intellettuale indiana, di fronte l'esplosione di casi di abusi sessuali su donne e bambine che hanno esposto l'India, negli ultimi tempi, alla ribalta internazionale?
«L'abuso sessuale è atavico quanto la cultura indiana. Anche durante i tempi del Signore Krishna gli uomini godevano di una autorità indiscussa sulle donne; Pandava, come scritto nel grande poema epico Mahabharata, perse la moglie Draupadi in un gioco di dadi. E da quando era diventata di proprietà dei Kaurava, loro iniziarono a denudarla in pubblico. Fino a quando Krishna è intervenuto per metterla in salvo. La maggior parte delle donne indiane è ormai immune alla parola stupro, perché accade da sempre; prima non c'era questa esposizione mediatica, ma tutti sembrano esserne venuti a conoscenza solo ora.

Ci sono poi alcune donne che vogliono acquisire una fama di due minuti con marce a lume di candela; la maggior parte di loro non è interessata alla vittima di uno stupro o ai suoi stupratori, ma a ottenere pubblicità. Questo ci rende lo zimbello del mondo. Come intellettuale mi fa molto male. In India lo stupro e le molestie sessuali non possono essere sradicati facilmente: gli uomini, fin dalla più tenera età, sono trattati come divinità e indotti a ritenersi superiori alle donne, trattate invece come schiave; si dà loro l'impressione che le donne siano nate per sopportare torture e obbedire.

Le ragazze sono regolarmente oggetto di stupri da parte di nonni, padri, zii e fratelli, ma non si sa nulla riguardo a questo, poiché non si parla di loro. Il caso accaduto a Delhi ha portato tutto allo scoperto. Da 3 anni io ho iniziato una crociata solitaria contro lo stupro e le molestie. Sto portando avanti questo progetto spendendo soldi di tasca mia per un libro. Il libro si intitola "Come salvare le ragazze dallo stupro e dalle molestie", ne ho stampato 30.000 copie. Questo libro insegna alle donne come mettersi in salvo dagli stupratori e dai molestatori, e l'ho distribuito gratuitamente alle donne.

Ho inoltre una pagina su Facebook con questo nome, dove aggiorno quotidianamente riguardo alle notizie dello stupri in India. Ho mandato questo libro al primo ministro, al ministro della Salute, al presidente, a Sonia Gandhi, chiedendo loro di stampare le copie del libro e distribuirlo gratuitamente nelle scuole e nelle università di tutta l'India come stavo già facendo, ma non ho ottenuto alcuna risposta da nessuno. Ho inoltre pregato i giornali e le riviste di dare un piccolo spazio tra le loro notizie riguardo a questo libro in modo che altre ragazze potessero beneficiarne, ma anche loro non hanno dato risposta.

Priyanka Gandhi era una mia amica su Facebook, lei mi ha sottoposto dei casi terribili di stupro, ma io non ero in grado di proseguire questa mia crociata perché non c'era nessuno ad aiutarmi, e non ho i fondi per continuare a ristampare il libro. Se il governo indiano o i media fossero veramente interessati a prevenire gli stupri delle donne avrebbero dovuto stampare questo libro e distribuirlo nelle scuole, università e uffici, poiché consiglia alle donne di armarsi o cambiare il modo di vestire per evitare di essere violentata, ma nessuno dà loro consiglio su come prevenire un'eventuale violenza».

Non è un po' ipocrita e opportunista questo recente scandalizzarsi delle comunità internazionali e dei ministri del governo indiano?
«In India le ragazze non sono le benvenute. Se una donna dà alla luce una bambina sono guai seri per quella madre, che è insultata, torturata e cacciata di casa e, in alcuni casi, addirittura uccisa. Quindi molte persone vanno a fare delle ecografie per scoprire il sesso del bambino, e se vengono a sapere che è una ragazza spesso preferiscono abortire. Ma se malauguratamente la bambina nasce viene subito uccisa o per annegamento, avvelenandola o strozzandola.

Pertanto il rapporto tra i sessi è completamente distorto. L'India sta marciando avanti su molti fronti, ma quando si tratta del rapporto tra i sessi è completamente in ritardo. Il numero di bambine, ogni mille maschi, è di solo 852 a causa del dilagante feticidio femminile».

Lei crede che questo fenomeno sia solo concentrato in India, o ha notizia anche di abusi su donne indiane da parte degli uomini che vivono all'estero? È sufficiente allontanarsi dalla propria terra per essere salve, o questa mentalità le segue anche oltre confine?
«Dovunque vadano gli uomini indiani, la loro mentalità non muta perché è quella che conoscono fin dall'infanzia. Ovvero, che le donne sono inferiori agli uomini e che possono essere usate come e quando vogliono. Ovviamente, nei Paesi stranieri non possono uscire e violentare altre donne, ma ogni giorno una donna indiana è sottoposta a stupro da parte del marito. La maggior parte dei matrimoni sono combinati dai genitori, i matrimoni d'amore in India sono guardati dall'alto in basso, e quando una ragazza e un ragazzo si sposano per amore il più delle volte sono poi messi a morte dai loro genitori.

Si tratta di un fenomeno comune, che è conosciuto come delitto d'onore. Nei matrimoni combinati una donna è quotidianamente stuprata, ogni giorno o un paio di volte al giorno. La donna viene violentata da un uomo che lei non ama, il matrimonio è una prostituzione legalizzata, e se una donna non vuole andare a letto con lui allora il marito può rivolgersi a un tribunale al fine di ripristinare i diritti coniugali, poiché nel diritto indiano una donna sposata deve dormire obbligatoriamente con l'uomo che ha sposato.

Sono stupita di come il caso dello stupro a Delhi abbia ottenuto l'attenzione del mondo, perché i casi di stupro in India sono una quotidiana consuetudine da molto tempo prima che io nascessi. Tante donne, ragazze e bambine sono regolarmente violentate, poi torturate e bruciate, ma nessuno ha mai fatto nulla. E, improvvisamente, con questo recente caso di stupro tutti si sono svegliati e hanno iniziato a protestare. Ma nulla cambia.

Tutto si spegne e siamo tornati alla quotidianità in cui le donne vengono violentate e gli stupratori restano impuniti. Questa è la mia India, la mia India scintillante, in cui le donne non sono rispettate, vengono violentate, torturate ed uccise. Una terra che amo dal profondo del mio cuore, ma che non potrà mai veramente brillare nonostante i passi avanti che riesce a compiere negli altri settori».

Suona inquietante che nel Bengala Occidentale, dove sono state stuprate recentemente quattro bambine dai cinque ai dieci anni, il ministro dell'istruzione Thiagarajan abbia deciso di introdurre l'uso obbligatorio di un soprabito per le studentesse, per arginare gli abusi sessuali.
«Il ministro dell'Istruzione ha ragione in un certo senso. Le ragazze vanno in giro con vestiti che espongono i loro corpi, e questo eccita gli uomini traducendosi poi in stupro. Spesso le ragazze ostentano i loro fidanzati, baciandosi volgarmente in luoghi pubblici come alberghi, teatri, autobus o treni. L'India è diversa dai Paesi occidentali. Qui c'è troppa povertà.

La maggior parte degli uomini viene da villaggi lontani per cercare lavoro nelle grandi città, lasciando le loro mogli a casa. Il desiderio sessuale è un fenomeno naturale degli esseri umani. Perciò quando questi uomini vedono le coppie avviluppate, con donne seminude, si eccitano e poi avvengono gli stupri».

Quanto contano per lei le caste in questa piaga?
«Il sistema delle caste non ha un collegamento diretto con lo stupro, ma in rarissimi casi sì. Come quando le caste superiori indù vogliono soggiogare coloro che provengono da una casta inferiore. Come Dalit e Advasees al fine di terrorizzarli, stuprando le loro donne, ma questo è raro».

Che cosa ne pensa delle Gulabi Gang (la banda delle donne giustiziere che proteggono i più deboli e delle donne capitanate da Sampat Pal Devi, che armate di bastone di bambù e sari rosa difendono le donne indiane dalle violenze dei mariti?
«La Gulabi Gang sta facendo un buon lavoro, ma questo non può avere successo nel nostro Paese, perché fin dall'infanzia è inculcato nella psiche di una ragazza che suo marito è superiore a lei in tutto. Lui è il suo Dio, la cui parola è legge. Quando la ragazza lascia la casa dei genitori il giorno del suo matrimonio, la madre le dice che da ora lei potrà abbandonare la casa del marito solo dentro una bara e non prima di questo.

Nessuno può spezzare questa tradizione dalla mente di una donna, anche se la Gulabi Gang salva una donna dall'ira di suo marito, poi comunque quella donna dovrà tornare a vivere con lui, perché nessuno nella sua famiglia darà alcun supporto ad una donna che ha lasciato la sua casa del marito, nemmeno i suoi genitori».

Bambini violentati

Occhi da cerbiatto spaventato, un cuore che sembra scoppiare per quanto batte all'impazzata, una fragile identità inebetita dal dolore, la mancata vicinanza dei genitori che nell'infanzia rappresentano una barriera contro tutti i mali del mondo, l'incapacità di ribellarsi, questa e la triste condizione in cui si trovano i bambini violentati.
Quasi sempre tutto avviene dentro la famiglia o presso case di amici, in una grande povertà di cultura ed economica. Spesso i genitori fingono di non vedere, o non ci sono, o solo loro stessi che violentano i loro figli. Il bambino perde la propria individualità, non ha più fiducia e, d'altra parte, come potrebbe averne se viene tradito proprio da chi avrebbe dovuto difenderlo. Spesso sono avviati alla prostituzione dagli stessi familiari, genitori, zii, nonni o amici . E non dobbiamo pensare che queste cose riguardino soltanto i bambini stranieri, perchè ci sono moltissimi bambini italiani che subiscono queste violenze.
Parliamone, facciamo sentire la nostra voce.....

          

Continuano ad aumentare leviolenze sui minori. L'allarme lo lancia Telefono Azzurro. Impressionanti i dati presentati a Roma nella nuova campagna di sensibilizzazione Non stiamo zitti: ogni giorno arrivano quattro segnalazioni di abusi nei confronti di bambini o adolescenti. Tra il 2008 e il 2013 al Telefono Azzurro sono arrivate 16.000 segnalazioni delle quali un terzo per maltrattamenti. Gli abusi sono soprattutto psicologici ma oltre un caso su dieci è una violenza fisica. Oltre la metà delle vittime sono bambine e adolescenti. Percentuale che sale al 68,1% in caso di abusi sessuali. Gli autori delle violenze sono soprattutto maschi (53,4%), ma se si guarda alle sole violenze sessuali la percentuale diventa 88,1%. Nell'80% dei casi le violenze vengono commesse da persone conosciute. Non solo: sono più che raddoppiati i casi in cui gli autori di violenze sessuali sono i bambini stessi e gli adolescenti. In aumento anche le denunce dei minori stranieri: siamo passati dal 17,5% al 30,5%.

 

(ANSA) - ROMA, 31 MAR - Archiviazioni, condanne spesso modeste, troppe attenuanti e benefici: gli abusi sessuali sui minori, quando vengono denunciati, non sembrano sempre trovare in sede di giudizio una sanzione adeguata all'orrore che viene perpetrato, quasi sempre in famiglia, ai danni di bambini e bambine under 14. E' cio' che emerge da una ricerca, effettuata da Giuliana Olzai che ha analizzato i 288 procedimenti giudiziari del Tribunale penale di Roma nel quadriennio 2000-2003.

 

Un parroco, don G. D., e' stato arrestato per atti sessuali con minori a Ravenna. Si tratta dello stesso religioso che a febbraio fini' col suo potente Suv in un canale con un tasso alcolemico quasi 4 volte oltre il limite. E' in carcere. Cadde nel canale Destra Reno a Casalborsetti, sul litorale ravennate, dove e' parroco, con una Bmw da 35mila euro. Fu salvato da passanti. Spiego' che era di ritorno da una cena da parrocchiani, durante la quale aveva bevuto pochi bicchieri di vino.

 

(ANSA) - GENOVA, 21 MAR - La Corte d'appello di Genova ha confermato la sentenza di primo grado di sei anni e quattro mesi per Anna Laura Scuder e di cinque anni per Elena Pesce, le due maestre dell'asilo Cip & Ciop di Pistoia accusate di maltrattamenti verso i bambini che frequentavano il 'nido' della citta' toscana. Le due maestre furono arrestate il 2 dicembre del 2009, inchiodate da una serie di immagini registrate dalle telecamere piazzate nell'asilo dalla polizia durante le indagini su segnalazione di genitori.