MARIA TERESA INFANTE
MARIA TERESA INFANTE

OLTRE IL VELO

 

(serve un documento di riconoscimento!)

L’emancipazione della donna avviene anche attraverso l’abito
@ Amelia Bloomer/ 1850


La bellezza ha le sue forme espressive più vere nella natura, e cosa è l’essere umano se non una delle meraviglie del creato? I doni della natura si mostrano nel loro splendore, nella loro candida nudità. L’uomo fin dal paleolitico, ha sentito l’esigenza di coprirsi, e non solo per ripararsi dal freddo. A differenza di altre forme di vita è dotato di una mente pensante capace di elaborare concetti e in grado di evolversi . Coprirsi è stata quindi una necessità nata, nel rispetto di una civile e comune convivenza, e il vestito ha assunto nelle varie epoche e civiltà un significato connotativo diverso; denotava l’origine etnica ed era indice dello status di appartenenza, incasellando l’individuo in base al suo stato sociale ed economico. C’è un universo di informazioni riguardo al vestito che si sceglie di indossare , quale, il bisogno di comunicare la propria identità e affermare la propria individualità. Inoltre a seconda dello stato emotivo si sceglie un capo di abbigliamento o un colore, piuttosto che un altro e inconsciamente si esprimono stati d’animo.

Limitare queste scelte personali vuol dire imprigionare la libertà e violentare psicologicamente , costringendo all’appiattimento non solo della naturale creatività ed espressività, ma all’annullamento della affermazione come individuo : IO ESISTO, QUINDI SONO . Questo è ciò che succede in alcuni Paesi asiatici ( e non tutti sono musulmani sciiti, cioè integralisti) ,con l’imposizione del burqa, indumento che mortifica la donna, obbligandola a coprire l’intero corpo o a velare solamente il viso lasciando una fessura per gli occhi. Ma da cosa deriva la necessità di celare o addirittura mortificare un volto, uno sguardo di donna? Sarebbe limitativo dire, dall’esigenza di sentirla non come parte a se stante, non come individuo autonomo, ma come appendice del maschio, che ha su di lei pretese di possesso. Annullare la libera scelta annichilisce la mente facendola precipitare piano in uno stato comatoso irreversibile.

Non si spiega diversamente l’imposizione di un abbigliamento che limita la capacità di movimento e la percezione della propria femminilità; una violenza di genere, sia fisica che psicologica, che limita la capacità di movimenti e di relazionarsi in un sano contesto sociale. Certo se il burqa venisse considerato un capo accessorio, da indossare a proprio piacimento, come un paio di occhiali da sole, il problema non sussisterebbe, ma è un obbligo categorico presso alcune culture, come quella afgana, in cui è nato. Non è un vestito, da scegliere per le varie occasioni, non cambia con le mode, rimane uguale e immutabile, non ha alcuna relazione con le religioni, ma è frutto solo di menti retrograde atte a fare della donna un optional etnico senza nessun diritto .
Si è spesso assistito in passato, anche in occidente a mode che minavano il benessere fisico della persona, come nel caso del corsetto o bustino che nel XVI secolo era addirittura in metallo, per evolversi nel Settecento, in bustini di tela rigidissimi e attillatissimi per dare alla donna il vitino di vespa. Era praticamente uno strumento di mutilazione e la tortura cominciava in tenera età. Ma per esigenze salutistiche e di libertà di movimento ha avuto vita breve e comunque non era un’imposizione esterna , ma un deplorevole vezzo estetico dettato dalla moda del tempo, sostituito forse oggi dal tacco 12/14.
Il burqa invece è imposizione, obbligo, fissità, staticità, uniformità, violenza, annullamento.. è il buio culturale in cui si vuole tenere relegata la donna.


Amo gli occhiali da sole, eppure li tolgo ogni volta che ho bisogno di guardare i colori, o appena il sole perde d’intensità…. Amina non può togliere il burqa se deve mangiare un gelato… dimenticavo:
Amina non può neanche mangiare il gelato per strada.

Testo di Maria Teresa Infante
poetessa/scrittrice
@ tutti i diritti riservati.

QUESTIONE DI PROSPETTIVA


Impossibile in pochi minuti sfiorare i vari aspetti delle crudeltà rivolte al mondo femminile, in un percorso  che non si è fermato neppure ai nostri giorni: sempre bersaglio facile, capro espiatorio, a seconda del contesto storico in cui la donna viveva.

Vittima di abusi, discriminazioni, emarginazioni, stupri, violenze fisiche e psicologiche, uccisioni, torture.
Lasciandomi per un attimo alle spalle tutto questo, ma non senza dimenticarlo, fotografo mentalmente la realtà attuale in cui sono accecata da flash di effimere tonalità , spennellati di note discordanti .
Le notizie vengono riportate in maniera sommaria e superficiale e poste spesso nel modo sbagliato; vero è che di prospettive ne esistono tante, ma di solito si cerca quella migliore, quella più illuminata o illuminante. Quante volte abbiamo sentito parlare della nuova realtà delle baby squillo,  è questo lo scandalo?  Può esserlo, nel senso che ci addolora  la ragazzina in fase evolutiva, ancora né carne né pesce, ancora incapace di distinguere il male dal bene, che cerca di emulare e conformarsi nella sua estrema immaturità a un mondo che la ingoia e la sommerge, ma il vero scandalo sta nell’uomo che si serve e abusa della giovane e che ha bisogno di stimoli sempre più forti nella smaniosa ricerca di eccitanti trasgressioni.  Chi è il criminale in questo caso? Quelle ragazzine fra qualche anno si renderanno realmente conto della loro sciagura, della leggerezza dei loro pochi anni e di come abbiano barattato l’ innocenza con il materialismo che le sommerge; sconteranno con se stesse la condivisione di questo dramma in cui sono state lasciate sole, in cui nessuno ha capito da che parte fotografare l’attimo. E non ostentiamo  perbenismo puntando il dito sulle famiglie, sicuramente prime responsabil, ma anch’esse lasciate sole nella loro missione educativa e sicuramente in difficoltà nei tempi controcorrente che viviamo. Non abbiamo scoperto l’acqua calda nel dire che dove non c’è richiesta non c’è mercato. Se l’uomo non fosse tanto meschino da approfittarne dovrebbe rimandare al mittente quei corpi giovani ancora senza il cervello sulle spalle. Questo è l’uomo che conosco non la bestia! E che dire poi dei colpevoli o presunti tali,stupratori, assassini, visto che i processi durano un’eternità tra corsi e ricorsi fino al giudizio definitivo , impegnati in passerelle nei programmi televisivi, talk show, che scrivono addirittura libri e che ci siano case editrici compiacenti/complici che li pubblicano??? E non capisco la curiosità morbosa di chi li acquista; possono mai esserci verità in libri autobiografici di persone ancora in attesa di giudizio definitivo? Spesso dimentichiamo anche il nome delle vittime, che  passano in secondo piano, vanno nel dimenticatoio, non se ne parla più. Il criminale diventa personaggio, i morti vanno nel dimenticatoio, sono un contorno .Le violenze, gli oltraggi rimangono e permangono, spesso impuniti o con pene non adeguate e le famiglie sono oltraggiate doppiamente nell’anima e nell’orgoglio.  Le famiglie ,mutilate, offese, piangono due volte le morti dei loro cari, in un silenzio a volte fin troppo dignitoso.

Maria Teresa Infante

poetessa/scrittrice

INDIGNATA SPECIALE

Abitiamo nelle indifferenze dell’anima, con un arredo ridotto al minimo e le pareti spoglie. Dove sono i colori accesi della rabbia, della ribellione, dell’affermazione dei valori? Ci basta l’effimera gioia del carpe diem e la briciola di felicità ingoiata a un semaforo rosso, prima di riprendere la corsa, magari stendendo il rossetto sul silenzio?
L’indifferenza è il virus letale che appiattisce i sentimenti e annulla le emozioni, è la pialla che uniforma le ore riducendole a un girotondo di lancette e un canto di cucù, mentre leggiamo la mela e mordiamo il giornale, senza trovare alcuna differenza.
Gli indifferenti si vestono di nulla per non soffrire, si bendano per non vedere e dimenticano di avere voce. L’indifferenza è incolore e sterile, uccide l’interesse e la curiosità per gli avvenimenti che ci circondano; curiosità è voglia di conoscenza e sapere, la non curiosità porta all’ignoranza e ignorare è non conoscenza.
Non sottovalutiamo l’indifferenza, ci spegne piano e uniforma la vita;  è l’anticamera della noia e di stati d’animo ad essa correlati, che possono spesso sfociare in subdole patologie, dopo aver annullato nell’individuo il vero senso del suo percorso umano.
Indigniamoci e urliamo, piangiamo e gioiamo! Non ci crearono amebe, abbiamo avuto in dono la capacità del sentimento, della razionalità guidata e della capacità di emozionarci; scartare un regalo e riporlo nel cassetto è sciupare potenzialità in grado di migliorare la nostra esistenza e la maniera di relazionarci all’altro nel segno di una sana e proficua convivenza . Siamo i figli dell’evoluto vissuto dei nostri padri, e stiamo fermando il tempo in pagine di storia vergata di infamie, distratti da optional effimeri ed evanescenti clichè. 

Ho visto indignazione, rabbia, commozione, impotenza; come possono queste emozioni durare l’attimo di una, se pur meravigliosa poesia o di una prosa, , di un articolo giornalistico e poi svanire nel nulla?
L’orrore quotidiano a cui assistiamo non può e non deve diventare abitudine, non dobbiamo assuefarci alla notizia data per riempire tre minuti di tg; è un continuo stillicidio mediatico di scoop quello a cui siamo quotidianamente sottoposti e i nostri sensi sembrano anestetizzati. Noi siamo cuore, siamo mamme, siamo padri e io, figlia della banalità, piango ancora e mi indigno mentre so della ragazza di Roma, stuprata alle 20,00 in pieno centro, o di Rosa, di Maria, di Lucia , violentate, uccise, offese, plagiate … SI, PIANGO E MI INDIGNO… come può succedere tutto questo  in un paese che noi consideriamo civile ma che di civile non ha più nulla??
IO voglio sicurezza per i miei figli 
IO mi vergogno del mio paese che non sa difenderci
IO non mi sento rappresentata da questo paese che non ci tutela e che ci ha privato della libertà. Siamo tutti schiavi della paura, incatenati all’indole malvagia di un’arida umanità.
IO non voglio tutto questo
IO non l’ho scelto!!!!

Maria Teresa Infante
poetessa/scrittrice