La colazione

 

  Tanto tempo fa mi sembra di ricordare che....

  “ ….mi giravo e rigiravo nel letto caldo e mi sembrava che il sonno non potesse avere mai fine. Sentivo urla provenire da lontano, da molto lontano ed il torpore riprendeva il sopravvento su di me, facendomi sprofondare sotto le coperte che ormai ricoprivano anche la mia testa. Il breve silenzio che seguiva aveva contribuito a rassicurarmi e, senza nessuno sforzo, mi ero di nuovo addormentato. Improvvisamente quelle urla si sentivano di nuovo, più vicine, molto più vicine e le mie coperte venivano sollevate e tirate via « svegliati Marco, è ora di alzarsi se no facciamo tardi ». Era la mia mamma, che senza troppa delicatezza mi spronava ad alzarmi per portarmi a scuola, d'altra parte anche lei doveva andare al lavoro e aveva da sbrigare molte faccende prima di uscire di casa. Avevo solo nove anni e la sveglia mattutina rappresentava il momento più brutto della mia giornata. Mentre la mamma mi toglieva il pigiama, ero seduto sul bordo del letto come un automa, con gli occhi mezzi chiusi ed una smorfia di sofferenza stampata sul viso.

Tirandomi per una mano, mi portava nel bagno, davanti al lavabo, e, mentre con una mano mi teneva fermo con l'altra mi lavava il viso con l'acqua. Seguiva l'immancabile pettinata, con la consueta litigata con il solito ciuffo ribelle che non ne voleva sapere di piegarsi nel verso giusto. Arrivava poi il momento della vestizione e, soprattutto, del fiocco che si doveva posizionare nel colletto sopra il grembiule. Ogni mattina era una lotta per fare questo fiocco in maniera tale che rimanesse bene per buona parte della giornata e la cosa richiedeva diverso tempo. Eccomi finalmente pronto per la colazione. Sulla tavola c'era una grande tazza ricolma di latte caldo, allungato con un po' di caffè d'orzo, nella quale venivano messi dei pezzi di pane raffermo che avevano bisogno di un certo tempo per ritornare morbidi e commestibili. Io mettevo nel latte due cucchiaini di zucchero, giravo fino a che il pane non diventava molle e poi cominciavo a mangiare avidamente. La vera ghiottoneria però, consisteva nello spalmare sul pane la panna che affiorava dal latte quando veniva bollito. Ogni tanto, specialmente il giorno dopo un compleanno o una festa, era disponibile una fetta di ciambellone o dei biscotti fatti in casa ed allora per me era veramente festa grande. Intorno alle otto mi avviavo verso scuola reggendo il cestino che la mamma riempiva con merende casalinghe. Per me il massimo della bontà era rappresentato dal pane con la frittata e ricordo ancora quell’odore delizioso che si sprigionava per la classe quando aprivo il coperchio del cestino... “ 

 

Si, ora ricordo tutto, anche se è passato tanto tempo ormai..... più di cinquant'anni !

 

Angelo Giustini

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